Pastor@le on line?


Di Cristina Vonzun



 

Questa sì che è una buona domanda! A Bologna, in occasione della giornata mondiale delle comunicazioni sociali si è parlato della nuova possibilità offerta dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione, quella di una pastorale “tecnologica”.

Esperti a livello italiano e mondiale hanno affrontato alla metà di ottobre, in un convegno promosso dalla Pastorale giovanile dell’Emilia Romagna in collaborazione con l’ufficio di Pastorale giovanile della CEI, le nuove tecniche e i nuovi modi di comunicare con il conseguente uso per la pastorale ed in particolare per l’attenzione  della Chiesa nei confronti dei giovani.

In questi ultimi anni si è constatato un moltiplicarsi di siti cattolici e sono molti gli uffici di pastorale giovanile che  entrano nella rete, tra cui, prossimamente anche l’ufficio di PG della diocesi di Lugano.

 

Sappiamo tutti che il mondo delle comunicazioni e di questo veloce ed immediato modo di dialogare che è internet, apre spazi da “nuova frontiera” all’evangelizzazione. Le discussioni dunque non mancano ed il convegno di Bologna ha segnato una tappa importante sulla strada di un chiarimento che va fatto.

«Chi non ha sostanza interiore, anche se è bravissimo a “navigare”, si illude di comunicare, ma in verità non comunica affatto»: con queste parole schiette, il cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna ha introdotto i lavori del convegno. Il porporato ha reso attenti i giovani, collegati anche in diretta on-line grazie al sito CEI www.giovani.org che per l’occasione aveva aperto una finestra sul convegno, sul rapporto tra i “media” e i loro contenuti.  Riprendendo un pensiero dello studioso canadese Mc Luhan, Biffi ha parlato di uno dei gravi problemi connessi con la comunicazione, ovvero la domanda e la risposta del mercato che si giocano nella qualità dell’audience: «il messaggio è la stessa comunicazione», da ciò «deriva, tra l’altro, l’enfatizzazione dell’ “audience” - ha osservato il cardinale - negli spettacoli televisivi: se l’indice di ascolto è alto, è del tutto irrilevante che le trasmissioni siano esteticamente, culturalmente, moralmente vacue, se non addirittura abominevoli».

 

 

Rete e pastorale

 

L’evangelizzatore di oggi, deve dunque fare marcia indietro, rispetto alle nuove tecnologie? L’arcivescovo ha ribadito la necessità di  “avvalersi di tutti i mezzi che le nuove tecnologie mettono a disposizione», ma prima di questo di  «cercare di crescere ogni giorno di più nella conoscenza di Cristo».

Quale potrebbe essere pertanto, un primo criterio di approccio valido al fenomeno rete e pastorale? Un’indicazione esce dall’intervento del sociologo Mario Pollo, del Pontificio ateneo salesiano che tende a differenziare tra il mezzo con tutti i suoi limiti ed il discorso pastorale che è piuttosto “personale”: «Internet può servire per un primo momento di approccio - ha detto - ma non può essere un luogo di evangelizzazione in quanto sostanzialmente privo di una dimensione personale e comunitaria». Questo significa che investire tempo e risorse nella rete è un dovere cristiano di presenza, che va tuttavia accompagnato dalla coscienza di essere in una fase previa ed indispensabile oggi del campo pastorale, ma che non può assolutamente esaurire la pastorale e tantomeno il rapporto umano, ma semmai ne diviene uno degli irrinunciabili trampolini di lancio.

Al convegno sono giunti numerosi altri contributi: dal saluto del nuovo direttore del Servizio della conferenza episcopertine/copale italiana di pastorale giovanile, don Paolo Giulietti, agli interventi di don Franco Mazza, vice direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei, l’allievo di Mc Luhan, Derrik De Kerchove responsabile per la prossima Giornata mondiale della Gioventù di Toronto in Canada, delle questioni informatiche (collegato in video conferenza dall’Ontario) e del responsabile di www.giovani.org don Marco Sanavio (il sito che i Vescovi italiani hanno aperto per i giovani e da cui ci si poteva collegare per seguire in diretta l’appuntamento). Dal convegno è giunto un invito ad un’irrinunciabile presenza cattolica nella rete da interpretarsi sotto la forma della testimonianza cristiana oggi capace di nuova progettualità.

 

 

Cattolici e media: il dovere di una presenza

 

Il messaggio di Giovanni Paolo II per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali serve  a fare luce nei confronti del pianeta internet. Il documento papale rileva anzitutto un chiaro radicamento evangelico, che apre ad un impegno cristiano costruttivo verso il mondo variegato delle comunicazioni sociali. 

Si tratta in primo luogo di un compito culturale, perché nulla oggi, come la comunicazione fa ed è cultura. Può un cristiano fuggire da una presenza culturale, proprio nel momento in cui si registra una grave crisi umana derivata dalla mancanza di certezze? Certo che non può astenersi. Tra i motivi che inducono ad una presenza necessaria possiamo proprio individuare questo rapporto fondamentale tra cristianesimo e cultura. Si potrebbe pertanto intravedere un leitmotiv di fondo al testo, quello  di una presenza cristiana come evangelizzatrice, cioè apportatrice del messaggio evangelico di salvezza, che debba necessariamente passare per le modalità odierne di comunicazione per divenire un contributo alla cultura nel momento della crisi teorica e poi pratica della verità. Si tratta di una presenza per l’uomo e per l’umano, una presenza che sappia contribuire alla riscopertine/coperta e all’approfondimento dei diritti di ogni essere umano in un momento in cui tutti ci interroghiamo sugli sviluppi futuri del relativismo, che non sono sviluppi dagli effetti solo su scala mondiale, ma molto spesso che toccano il nostro quotidiano e si riscontrano nella esistenza personale privata di certezze e punti fermi che diventa sovente, disperazione.